Il Re di Bahia Blanca dichiara guerra al mondo. Ma i rigori li lasci a Calha, per ora
26 gol stagionali un giocatore solitamente li riesce a raggiungere magari a fine stagione: il calendario non segna ancora l'arrivo di marzo e Lautaro Martinez è qui a precisare che lui non è affatto uno come gli altri. Una rete ogni 101 minuti contando campionato, Champions e Coppa Italia: numeri pazzeschi, clamorosi. E di clamoroso c'è l'atteggiamento di questo ragazzo, che i tifosi nerazzurri hanno imparato a conoscere: l'episodio del rigore ne è l'immagine, il fatto che non si accontenti mai, pure, ma andiamo con ordine.
Il Toro furioso ce l'ha solo l'Inter
"Furioso" è un termine che ben si addice all'attaccante argentino. Al suo arrivo in Italia e negli anni successivi questo aggettivo poteva essere letto con anche una accezione negativa, associandolo alla foga talvolta eccessiva nel pressing, ai calci ad una bottiglietta dopo un cambio, ai tempi di Conte. Oggi quell'agonismo è stato calibrato nel migliore dei modi e la furia è catalizzata esclusivamente nella direzione dei pali delle porte degli avversari: è un Toro furioso, nel modo in cui scaraventa senza pensarci un pallone rimastogli lì sui 20 metri, vicino al piede debole, dopo uno stop sbagliato. E' furioso per come cerca con insistenza il gol e, dopo averlo ottenuto, ne cerchi subito un altro. E' furioso per come vinca così tanti duelli aerei pur essendo alto 174 centimetri. E' furioso nel mantenere sollevata l'asticella per raggiungere ciò che si è prefissato.
Re d'Italia, sul tetto del Mondo, ma incontentabile
Lautaro Martinez, si diceva, non si accontenta mai. E' bene ricordare che parliamo di un classe '97, che ha già vinto Mondiale, Scudetto, Coppe nazionali e che sta andando a prendersi lo scettro da capocannoniere a vele spiegate. Eppure in campo, a risultato ampiamente acquisito, era lì a dimenarsi, a cercare un'altra rete, a chiamare palla ai compagni. Mai con atteggiamento egoista, ma la fame che ha è troppo evidente per non essere notata anche dal primo passante che dovesse essere lì per caso e lo vedesse per la prima volta. Il Re di Bahia Blanca ha dichiarato guerra a tutti.
All'Italia, innanzitutto: vuole lo Scudetto, da protagonista ancor più assoluto stavolta. E sì, dopo la partita con il Lecce ha ammesso con tono sempre umile e mettendo davanti la squadra, che tutto sommato non sarebbe male battere quel record di 36 reti in una stagione di A che appartiene ad Immobile ed Higuain. Poi il Re ha dichiarato guerra al Mondo, perché anche in Europa vuole essere un giocatore ben riconoscibile, come la sua Inter: anche lui - così come molti compagni - non manca di parlare della finale con il City, facendo capire che ci vuole ritornare, su quel palcoscenico. Lauti oggi parla da capitano, ma si nota come cerchi di passare sempre all'obiettivo successivo, anche a livello personale. Si atteggia sul rettangolo verde come se sapesse di avere ancora qualcosa da dimostrare. A sé stesso, più che altro.
Prima punta, 10, regista: il capitano generoso della Beneamata
A proposito di atteggiamento: un attaccante con numeri simili potrebbe facilmente lasciarsi andare a richieste particolari o atteggiamenti da primadonna. Invece l'ex Racing oggi si è ancora una volta messo a disposizione delle esigenze della squadra, adattandosi ad un compagno diverso dal solito. Se con Thuram lo vediamo occupare per più tempo una posizione centrale, con Arnautovic al suo fianco il Toro non si è fatto problemi a svariare spesso e volentieri intorno all'austriaco. 45 tocchi, 4 tiri in porta, una traversa colta. Il 50% della precisione dei passaggi effettuati si spiega anche con gli spazi ristretti nei quali ha vagato stasera e dal tasso di difficoltà di certi filtranti tentati. Il capitano c'è stato eccome per i compagni, sempre pronto ad offrire una sponda.
Rigori? C'è da lavorare, ma per fortuna c'è Calha
Lungi da noi voler trovare una pecca in un giocatore straordinario, ma data la sua indole a voler migliorare ad ogni costo, è facile pensare che nel suo sguardo sempre concentrato e positivamente "rude", mentre usciva dal campo sia tornato con la mente anche a quel rigore sbagliato, che gli poteva regalare la doppietta personale ed un altro mattoncino verso nuovi record. Ne ha realizzati 14 di penalty in carriera, sbagliandone 8. Insomma, c'è da lavorare e sottolineiamo questo aspetto perché in rosa c'è ancora un infallibile (dal dischetto) Calhanoglu: visto che nei giorni scorsi si parlava di un possibile Toro-rigorista per aiutarlo a raggiungere il suddetto primato delle 36 reti, ci sentiamo di dire che, a meno di risultato acquisito come nel caso di stasera, il turco offra ancora garanzie maggiori da questo punto di vista. E' bene precisare "per ora", perché siamo certi che vorrà migliorare anche questo fondamentale. D'altronde, il Mondiale lo ha vinto anche grazie ad un suo rigore decisivo, il quinto della lotteria finale contro l'Olanda: mica da tutti.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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