Grazie, Simon

Christian Eriksen è vivo. Respira, parla, sta meglio. Forse non ancora bene, ma certamente si è risollevato dal dramma occorso questo pomeriggio quando si è accasciato al suolo in preda ad un arresto cardiaco durante Danimarca-Finlandia. E con lui, ci siamo accasciati tutti noi, spettatori inermi di quella che tutti abbiamo temuto potesse trasformarsi in tragedia di lì a poco. C'è stato però un uomo, un capitano, un amico, che ha saputo mantenere saldi i nervi e si è precipitato dal numero 10 per salvargli la vita.

Simon Kjaer lo sapeva che ogni attimo era importante. La lingua gliel'ha tirata fuori lui per evitare che Eriksen si strozzasse, e sempre lui l'ha messo nella posizione corretta affinché gli operatori sanitari potessero operare le manovre di rianimazione con la rapidità necessaria. E quando ha lasciato il suo amico nelle esperte mani dei soccorritori, è rimasto lì a imperiare su di lui, mentre creava un cordone insieme agli altri compagni. È rimasto lì guardarlo, forse, con gli occhi colmi di lacrime e con uno sguardo di ghiaccio, tipico del centrale rossonero. Che non significa distaccato, bensì - a detta di chi scrive - fiducioso che il centrocampista dell'Inter ce l'avrebbe fatta. È rimasto lì a proteggerlo, a vegliare, così come tutti gli altri. 

Poi, quando la situazione è apparsa migliore e Christian aveva ripreso i sensi, è corso dalla moglie del centrocampista. Perché anche lei, soprattutto lei, si è accasciata emotivamente al suolo come tutti noi. Perché anche lei necessitava della sua protezione e di qualcuno che non la facesse sentire sola. Perché sola non era, ma serviva che il capitano, l'amico, l'uomo, glielo dimostrasse. Christian Eriksen è vivo. Respira, parla, sta meglio. Il grazie di tutto il mondo va agli operatori sanitari, al personale medico dell'ospedale in cui è ricoverato. E ad un amico, un capitano, un uomo, che ha incarnato in pochi secondi tutti i valori che queste parole portano con sé. Grazie, Simon.