ESCLUSIVA - Sergio Scalpelli: "Con Interspac si possono raccogliere le cifre di Oaktree"
Oltre a essere uno dei 40 promotori di Interspac, Sergio Scalpelli è da più di 30 anni un motore inesauribile di idee per Milano (e non solo). Ha gestito la Casa della Cultura e fondato il Foglio, assessore nella prima giunta Albertini, è stato a capo dei rapporti istituzionali e delle relazioni esterne di Fastweb per due decenni, attualmente è presidente de Linkiesta Club, che raccoglie i sottoscrittori dell’omonimo giornale online.
Cuore nerazzurro e passione per la Beneamata abbondantemente sopra i livelli di guardia, abbiamo chiesto anche a lui dell’iniziativa di Carlo Cottarelli.
Cosa l’ha spinta ad aderire a Interspac?
"A dispetto della perplessità di cui leggo in giro, io credo molto in questo progetto. Perché se è vero, com’è vero, che il sistema del calcio professionistico non tiene più, questo tipo di tentativi ha un fascino molto grande. Se dovesse funzionare, con decine di migliaia di persone che investono tra i 500 e i 1000 euro più altri investitori corposi, ci sarebbero i presupposti per raccogliere anche 200 milioni di euro e si sarebbe fatta una rivoluzione. Lo dico perché avere una sorta di azionariato popolare di una società di calcio in Serie A, se guardiamo al vero modello virtuoso in Europa che è il Bayern Monaco, ti cambia il profilo della società di calcio. Il Bayern sono più di 20 anni che ha i bilanci in attivo ed è una squadra che ha vinto e vince regolarmente tantissimo anche a livello internazionale".
Perché l’azionariato popolare può essere importante anche per la gestione di un club?
"Sul tema del salary cap, su quello degli stadi di proprietà, sulla governance della società di calcio, l’azionariato diffuso consentirebbe una condivisione e una concertazione tra la proprietà che decide e il mondo dei suoi tifosi. Questo cambierebbe il modello su cui si basa il sistema".
Secondo lei in quali altre realtà potrebbe essere applicabile questo modello?
"Ci sono altre società che hanno tifoserie che, come quella dell’Inter, sono molto attaccate al proprio club. Sicuramente penso a Roma, Napoli, Milan e Torino. Credo faccia eccezione la Juventus, perché è vero che ha molto seguito, ma ha una tale stabilità proprietaria che ritengo che un’iniziativa del genere sia meno nelle corde dei bianconeri. Però in società con grande radicamento cittadino, come Roma e Napoli, e in due club blasonati come Inter e Milan, l’azionariato popolare avrebbe una spinta maggiore. Non dimentichiamo che nel caso dell’Inter viviamo una fase delicata di transizione, non sappiamo per quanto tempo ancora avremo questo azionista di riferimento. La nostra è una presa di coscienza affinché l’Inter mantenga i suoi standard, quelli di una squadra un po’ pazza ma sempre competitiva".
Ma il tifoso che mette i soldi in Interspac, come partecipa poi concretamente all’attività del club?
"Il veicolo delle SPAC (Special Purpose Acquisition Companies n.d.r.) è quello che serve per raccogliere delle forze finanziarie per sviluppare degli investimenti. È chiaro che se si dovesse arrivare a una massa critica adeguata, alla fine quel pezzo lì arriverebbe a contare tutto insieme. Mi spiego. Se si arrivasse a coprire anche “solo” il 20-30% del valore della società, sostenuto da una enorme massa di persone, è di tutta evidenza che non potrebbero essere fatte delle operazioni contro quel 20-30%. Lo devi anzi coinvolgere e far sentire parte delle decisioni strategiche di fondo. Certo, non stiamo parlando di far partecipare milioni di persone alle scelte di mercato o dello stadio di proprietà, ma i criteri fondamentali con cui le scelte vengono prese sarebbero condivisi con una parte di azionariato dal peso specifico considerevole".
Dal punto di vista di una proprietà, perché ritiene che possa convenire?
"Ma perché una proprietà che 9 su 10 sarà straniera non dovrebbe avere interesse ad avere una partecipazione di tifosi dell’Inter, ovviamente minoritaria, che oltretutto mobilita migliaia di persone? Faccio presente che, se i risultati della sottoscrizione fossero rilevanti, stiamo parlando anche di un valore finanziario importante, non simbolico. Se davvero riuscissimo a recuperare tra i 200 e i 300 milioni di euro saremmo sui livelli del finanziamento di Oaktree (275 milioni n.d.r.). Nel caso non si fosse capito: il progetto è molto ambizioso".
Anche in virtù del suo passato da amministratore, come vede lo stadio di proprietà?
"Lo stadio di proprietà è una assoluta necessità. A dirla tutta, l’ideale è che ci fosse uno stadio dell’Inter e uno del Milan, ma probabilmente non si potrà fare. La convenzione in essere tra il Comune di Milano e le due società l’ho firmata io quando ero assessore nel 2000. Quindi capisco bene le remore su un’eventuale ristrutturazione di San Siro. Si tratta di uno stadio che ha una tripla stratificazione: il primo anello è del 1926, il secondo nel ’55 e il terzo nel ’90. Dal punto di vista ingegneristico-architettonico è molto complicato ammodernarlo rispetto alle necessità dei nostri tempi. È dunque comprensibile la spinta per un impianto completamente nuovo, che sia di proprietà è semplicemente vitale per gli investimenti che può attrarre. La nostra iniziativa auspico che acceleri anche questo discorso, perché darebbe all’interlocutore, cioè al Comune, la serenità di un assetto proprietario più stabile".
Chiudiamo con un suo appello ai tifosi interisti ad aderire a Interspac.
"Cuori nerazzurri: rendiamoci protagonisti, decidiamo di contare e aiutiamo l’Inter".
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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