L'Inter che ti aspetti. O forse no. Colpisce, gestisce, prende gol, chiude la partita

L'Inter che ti aspetti. O forse no. Colpisce, gestisce, prende gol, chiude la partitaTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 13:40Editoriale
di Gabriele Borzillo

Alzi la mano chi si aspettava di vedere, dopo novanta minuti giocati in apnea solamente una novantina di ore prima in terra di Germania, l’Inter di inizio partita ieri sera. No, perché poteva starci il palleggio ragionato cercando di fare breccia nel muro che il Cagliari avrebbe eretto davanti alla propria porta. Era uno dei piani possibili della sfida: forse anche più che possibile, coi rossoblù pronti a ripartire come saette dopo aver rubato palla nella zona nevralgica del campo, il più vicino possibile all’area di rigore nerazzurra. E con la banda Inzaghi già focalizzata sul mercoledì di Champions, quarantottesima partita di una stagione pazzesca e, per molti aspetti, assurda: un numero imprecisato – facciamo diciassette o una meno – di sfide più di chi sta inseguendo con la comodità di calcare il prato verde in gare ufficiali una volta alla settimana, non credo di andare troppo distante dalla realtà scrivendolo, è un dato di fatto, mica un’opinione del tutto personale.

Bando alle ciance, parliamo della partita di ieri sera. Perché tutti ‘sti piani, ‘ste premesse, ‘ste previsioni vengono smontate quasi subito, tempo poco più di una decina di minuti, esattamente tredici, dopo che Lauti si era letteralmente divorato un gol un paio di giri d’orologio prima sparando fuori da sei/sette metri, leggermente defilato sulla destra del portiere isolano. Nulla di grave, sia chiaro, una ciabattata del capitano, ancora una volta autore di sessantasette minuti qualitativamente superiori. L’Inter, in questa fase d’avvio, martella i rossoblù da ogni dove, destra, sinistra, centro, senza offrire alcun punto di riferimento: il gol è solo una questione di tempo. E, con una puntualità che nemmeno gli orologiai svizzeri, Arnautovic gonfia la rete avversaria al termine dell’ennesima azione tambureggiante. Il vantaggio non è meritato, è molto di più. I nerazzurri, però, non sembrano sazi: continuano a spingere, per la verità senza dannarsi l’anima: questa è stata, perlomeno, la mia sensazione. Nella smania di dover raddoppiare in poco tempo Lauti e compagni corrono un rischio enorme su una ripartenza avversaria che mette Piccoli solo soletto davanti a Sommer: il portiere rossocrociato (sognavo di scrivere rossocrociato prima o poi) ipnotizza il centravanti ospite e compie l’ennesimo miracolo pallonaro, con un pensiero a tutti quelli che cazzarola è basso, non ha reattività, sbaglia pure i rilanci, è colpa sua se piove quest’oggi e altre amenità. Passata la paura l’Inter ricomincia a macinare gioco: sempre con intelligenza calcistica, senza mai andare fuori giri. Arnautovic, in serata di omaggi, regala al Capitano un pallone di rara bellezza: e Lauti, con la punta del piede, scavalca Caprile infilando la rete avversaria per un raddoppio quanto mai corretto. Poi succede davvero poco: i nerazzurri non affondano, i cagliaritani ci provano senza troppa convinzione.

La ripresa si apre con dormita generale del reparto difensivo interista e Piccoli, stavolta, non sbaglia, andando a togliere la ragnatela sotto l’incrocio dei pali della porta difesa da Sommer in controtempo: gran gol, due a uno e tutto un tempo da giocare. La paura, stavolta, dura poco: incornata di Bisseck sette minuti dopo, palla nel sacco, tre a uno e tutti a casa senza particolari patemi d’animo.

In sostanza l’Inter vince, lo fa da grande squadra soffrendo il minimo necessario, sprecando il minimo necessario in fatto di energie e, soprattutto, dando l’impressione di avere ancora parecchia benzina nel serbatoio. È una squadra quadrata, forte, compatta, coesa, dove ciascuno lavora per il compagno in difficoltà. E dove il noi si antepone all’io, sempre.

Testa a mercoledì, magari dopo una domenica di riposo per liberare dalle tossine i muscoli e i pensieri. C’è una partita tremenda da affrontare, dove nulla sarà scontato. Sempre a mille all’ora, sempre col cuore in gola, sempre a tifare Inter.

Alla prossima.

Avanti l’Effecì.