Bisogna fidarsi di questa Inter

Bisogna fidarsi. Parto da questo presupposto per la capacità che ha avuto l’Inter nel costruirsi un finale tanto emozionante. Le due gare d’andata di Coppa Italia prima e Champions league poi, hanno dato buone notizie in termini di risultato, mentre il rallentamento a Parma aveva innervosito l’ambiente.
Arrivati ad aprile con tutto ancora in gioco e la concreta possibilità di approdare in semifinale di Champions e finale di Coppa Italia, oltre alla lotta scudetto col Napoli, è necessario fare una premessa sul valore raggiunto dal club per poter descrivere più serenamente un paio di preoccupazioni su questa stagione e un aspetto che manca in vista della prossima.
L’Inter ha raggiunto un livello di competitività impossibile da immaginare solo pochi anni fa.
Lo standard è quello di un top club europeo e non tanto o non solo per il numero di trofei conquistati ma per la competitività che la squadra garantisce ormai stabilmente.
In questi anni, oltre a due scudetti, due coppe Italia e tre supercoppe ci sono state anche una finale di Europa League una di Champions.
C’è però una palese difficoltà nel riconoscere a Inzaghi i meriti. L’opinione pubblica si divide tra sinceri estimatori del tecnico che ne riconoscono un valore cresciuto ogni anno di più e critici talvolta molesti che gli rifilano dei complimenti imbarazzati, infastiditi, nei quali piazzano un plauso pallido, abbonato ad una stima di maniera “si dai è bravo…”, per poi chiudere i ragionamenti con più critiche che complimenti.
Questo nutrito numero di critici, presente anche tra molti tifosi, da una parte sta aspettando che l’Inter venga eliminata e/o perda lo scudetto per confortare le perplessità ed ergersi a capipopolo dei “ridimensionatori”. Dall’altra aumenta senza riguardo le vere o presunte colpe del tecnico per le sconfitte del recente passato. Lo scudetto andato al Milan nel suo primo anno da tecnico nerazzurro, quello successivo consegnato al Napoli, con il mantra di un Inter che avrebbe perso due campionati “pur avendo la squadra più forte”. Tutto omettendo cos’era accaduto il primo anno in estate e gli stravolgimenti interni dell’anno seguente con Lukaku, Skriniar, Brozovic, Gagliardini che volevano andarsene e la squadra con tanti mal di pancia.
Marotta ha tenuto duro e ha conservato il tecnico. Il mancato esonero ha consolidato la squadra, emancipato Inzaghi e rafforzato l’identità del gruppo. La stabilità è stata ottenuta senza cedere a tentazioni facili, a progetti da rifare. La dirigenza ha dunque protetto il tecnico, gestito il debito rafforzando comunque la squadra, ha fatto dei giochi di prestigio tra giocatori ceduti per necessità e altri acquistati con lungimiranza, ha fatto passare il terzo cambio di proprietà in pochi anni come fosse una formalità.
La squadra ha definito la sua Camera e il suo Senato, creando un Parlamento nerazzurro di atleti inscalfibili e resilienti, determinati a lottare per tutto, senza nascondersi ipocritamente.
Nel pratico l’Inter quest’anno per infortuni, età e numero di partite senza senso, ha dovuto gestire tutte le partite.
La squadra gioca con intensità solo un tempo, poi diventa vulnerabile con qualunque avversario. Manca un giocatore fisico, un corazziere che in mezzo al campo si faccia sentire e con un passo diverso. Manca una vera terza punta e un giocatore che entri dalla panchina con un repertorio che possa permettere di cambiare spartito in caso di necessità.
In questo mese e mezzo finale ora ogni partita è quasi sempre definitiva e non è chiaro quanta benzina abbia l’Inter. Le risposte in merito sono contraddittorie ma è anche una questione di atteggiamento.
La vera differenza la può fare la panchina solo se darà risposte diverse.
Frattesi non cambierà ma può riempire meglio il centrocampo, Bisseck dopo la convocazione con la Germania è diventato più superficiale nell’approccio, Correa è tornato ad essere ancora più leggero, mai cattivo. Sono esempi ma se l’Inter raccoglierà qualcosa o perderà lo dovrà a quelli che entrano nella ripresa.
Proprio Frattesi un segnale l’ha dato.
Ora arriva il Cagliari e dev’essere temuto come non lo è stato abbastanza il Parma.

Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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