L’ingresso di Oaktree, per ora, non ha prodotto nessun impedimento e alcun imbarazzo

L’ingresso di Oaktree, per ora, non ha prodotto nessun impedimento e alcun imbarazzoTUTTOmercatoWEB.com
giovedì 11 luglio 2024, 18:27Editoriale
di Lapo De Carlo

Parto da un inciso. Nella logica delle cose estive l’Inter viaggia a velocità di crociera aspettando l’occasione per trovare il sostituto di Buchanan, sistemando le faccende interne (Simone Inzaghi, Dumfries e Lautaro Martinez) e accogliendo le scelte fatte in largo anticipo (Zielinski e Taremi), più quelle recenti (Martinez).

L’ingresso di Oaktree, per ora, non ha prodotto alcun terremoto, nessun impedimento, alcun imbarazzo. A meno che non si possa considerare tale il mancato assenso all’operazione Hermoso, fuori dai parametri che la proprietà ha imposto. In realtà anche con Zhang c’erano state delle operazioni concluse con difficoltà. Su tutte si ricorda quella in cui Zhang Jindong aveva temporaneamente stoppato l’arrivo di Acerbi sul finire del mercato.
La dirigenza oggi sta pianificando tutto, sopportando qualunque cambio di scenario e cercando di armonizzare i problemi.

In effetti ci sono anche situazioni ancora lontane dalla soluzione come la definizione del futuro stadio che ospiterà l’Inter. Non ci sono notizie fresche su Rozzano e resta l’idea che possa esserci un clamoroso dietro front, con la scelta di restare nella nobiltà della propria storia, a San Siro. Fino a quando non inizieranno i lavori per il nuovo impianto può accadere ancora di tutto. Affronteremo la questione non appena ci saranno novità. Tutto procede comunque con un incredibile speditezza, come non è probabilmente mai avvenuto nell’intera storia dell’Inter. Forse nell’era Allodi e nei quattro anni tra il 2006 e il 2010 c’erano presupposti simili ma è evidente la differenza tra le modalità organizzative di oggi e quelle del recente passato.

Per questo c’è da chiedersi perché non sia mai avvenuto prima. Cosa ha impedito al club in tutta la sua storia, di dotarsi di un’organizzazione societaria tale da consentirle di essere tanto efficace nella sua predisposizione. Almeno rispetto ai grandi club europei. Se guardiamo al Milan di questi anni, o alla Juventus, qualche idea viene in mente. Quando si cambia proprietà e composizione societaria si creano sovrapposizioni, comunicazioni poco chiare, ruoli in cerca di definizione. La Juventus è l’unica squadra italiana ad avere la stessa proprietà da sempre. Un fatto che le ha permesso di avere stabilità e una continuità di gestione, con tutti i vantaggi che comporta. Quando anche la società di Torino ha cambiato management ha avuto problemi evidenti. Come tutti. Il Milan nell’era Rizzoli (dal 1954) e soprattutto quella di Berlusconi, ha creato un assetto che ha potuto godere di una notevole prosperità per circa 25 anni.

Se prendiamo due esempi di club stabili negli anni, in Germania l’azionariato del Bayern Monaco è composto da FC Bayern München AG, l’associazione di cui fanno parte qualcosa come 300.000 soci, che detiene il 75% delle azioni; il resto (25%) è suddiviso in quote paritarie dell’8.33% tra Adidas, Allianz e Audi. La dirigenza è cambiata ma al suo interno è sempre stata caratterizzata da un fattore identitario, con personaggi come Hoeness, Rummenigge e Beckembauer. Nel caso del Real Madrid il turbocapitalismo di Florentino Perez ha portato il potere politico ed economico del club a livelli mai sperimentati. La dirigenza è composta da vecchie glorie come Butrageno (amministratore delegato), Casillas e Roberto Carlos, mentre Santiago Solari è il direttore dell’area professionale.

Tornando all’Inter mi ossessiona la prospettiva del post Marotta. Mi chiedo spesso se la società stia ereditando la cultura che è entrata e se sappia trattenerla il giorno, speriamo lontano, in cui non sarà più operativo. Abbiamo compreso che non è più necessario dipendere dalla proprietà e dai suoi mezzi economici, che se c’è buon senso e competenza si può lavorare bene e fare risultati, nonostante debiti molto forti. Si può migliorare il bilancio, ottenere sponsor più munifici e avere una prospettiva di stabilità. Oggi non sembrano esserci in giro nuovi dirigenti illuminati. Forse è solo perché non gli è stata data l’occasione. Giuntoli ha 52 anni e capiremo presto se ha la stoffa, Sartori ha 67 anni, Carnevali, evocato spesso, non ha mai fatto il salto di qualità dal Sassuolo. La speranza è che nel giro dei prossimi anni nuovi manager brillanti e preparati possano crescere e avere la possibilità di mettersi in luce.

L’Inter e il suo futuro dipendono paradossalmente più da questo tipo di uomini che dai gol degli attaccanti.

Amala