Walter Sabatini fa mea culpa: "Sono stato un co***one: non si lascia l'Inter"

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Oggi alle 11:51News
di Daniele Najjar

L'ex dirigente dell'Inter e della Roma - fra le altre - Walter Sabatini, ha rilasciato una intervista a Il Messaggero dicendo la sua su varie tematiche legate all'attualità, ma ritornando a parlare anche sulla scelta di lasciare l'Inter.

Nel risanamento societario, è stato più virtuoso il percorso della Roma o dell’Inter?

"Per certi versi è stato simile, visto che a lungo entrambi hanno puntato sui parametri zero. Ma è un’arma a doppio taglio. Se porti giocatori a cui dai stipendi altissimi, scavi un fossato nello spogliatoio ed è pericolosissimo".

C’è più gap fra le due rose o tra Marotta e Ghisolfi?

"Marotta è un grandissimo, Ghisolfi nella migliore delle ipotesi è un bravo giovane dirigente. Agli stranieri devi dare qualche mese per ambientarsi, anche se alla Roma ho l’impressione che ancora non abbiano capito dove sono, come non l’hanno capito i Friedkin, che non hanno mai parlato con la gente. È un atto di un’arroganza insopportabile".

Perché la Roma potrebbe vincere contro l’Inter?

"Perché il calcio è un mistero che non sarà mai compiutamente svelato".

Da dirigente, perché scegliere come allenatore Juric o Inzaghi.

"Juric ha un bel temperamento ed è stato uno dei primi a fare un calcio gasperiniano. Inzaghi, che conosco dai tempi della Lazio, lo sceglierei perché dai tempi della Primavera le sue squadre giocavano benissimo. Riesce a trasferire ai giocatori buonumore, personalità e leggerezza. Guardi che non è poco".

Se Juric affondasse, richiamerebbe De Rossi?

"Io non lo avrei mai cacciato. Richiamandolo, fai un danno a Juric e forse anche a Daniele, che tornerebbe nello spogliatoio depotenziato, anche se sono convinto che, con la fame di Roma che ha, si rimetterebbe subito lo scafandro".

Che differenze ci sono fra le proprietà Usa dell’Inter o della Roma?

"All’Inter c’era a fare da trampolino di lancio la famiglia Zhang e un management esperto. I Friedkin invece non hanno capito che la Roma senza la sua gente non è niente. L’affetto e l’adrenalina che genera questa città e questo ambiente li hanno totalmente ricusati".

La cosa più bella che ha fatto nell’Inter e nella Roma?

"In nerazzurro l’arrivo di Bastoni, che ho voluto con forza. Nella Roma ho fatte tante cose buone, ma non sta a me dirle. Comunque ho combinato anche qualche cazzata".

Allora ci dica le sciocchezze commesse.

"All’Inter essermene andato. Non ci sarà mai un motivo per spiegarlo. Sono stato un coglione incommensurabile. Non si lascia l’Inter, così come non si lascia la Roma, ma qui sono stato costretto. La scelta di Pallotta di nominare un consulente (Baldini, ndr) oscurava completamente la figura del direttore sportivo, che restava solo a fare il punching ball".

Da dirigente, non avete sottovalutato il problema ultrà? Tra Lazio, Roma e Inter, dove è stato, ci sarebbe stato tanto da bonificare.

"Io non ho mai avuto problemi, ma l’ho sentito sempre come un potenziale rischio enorme. Cose come l’omaggio alla curva mi sembra troppo. La squadra deve rispettare i tifosi, ma occorre farlo con quelli della Sud o della tribuna Tevere allo stesso modo. Consegnare le maglie e i riti sotto la curva sono esagerazioni obsolete e superate".

Chi vince lo scudetto?

"Sulla carta l’Inter, ma il Napoli ha ricreato un ambiente vincente. L’effetto Conte è tangibile. Solo lui poteva farcela in un mese".