Frattesi boom, ma con la Roma c’è Barella. Zielinski unico neo della sosta. Spalletti, doppia caduta di stile
La sosta è più bella quando finisce. Le ultime gare internazionali archiviano per un po’ la divertentissima Nation League e riaccendono i fari sul campionato. Quello che inizierà è un periodo nel quale, soprattutto in Serie A, si giocherà una serie di gare potenzialmente decisive. Non tanto e non ancora per l’assegnazione dello scudetto, quanto per iniziare a tracciare una griglia più realistica rispetto a quella che si è delineata finora.
Di buone notizie, comunque, ne sono arrivate un po’, in generale e nello specifico ad Appiano Gentile. L’Italia ha giocato e vinto, riappacificandosi sempre di più col tifo azzurro, che però aspetta al vaglio: i Mondiali ormai sono diventati fonte di apprensione, e chi l’avrebbe mai detto. I giocatori nerazzurri impegnati in giro per il mondo in molti casi sono anche andati a segno, guadagnando ulteriore fiducia. Ad Appiano Gentile, con la ripresa dei lavori e i rientri alla spicciolata in queste ore, Simone Inzaghi ritrova il gruppo al gran completo, con l’unico timore legato alle condizioni di Zielinski dopo il cambio forzato con la Polonia. Particolarmente interessante sarà il rientro di Buchanan, che ha bruciato i tempi e - a patto di ricevere maggior fiducia rispetto ai primi mesi della sua avventura interista - potrebbe rappresentare un’arma che finora non c’è.
DI tutti i nerazzurri impiegati con le nazionali, quello che ha fatto maggiormente felice tutta Italia è Davide Frattesi: ha confermato di essere non un buon, ma un ottimo giocatore e uno splendido finalizzatore. Peccato che alla ripresa ritroverà gli spazi nuovamente chiusi da un certo Nicolò Barella. A oggi, l’ex Cagliari dà troppo in più rispetto a qualsiasi compagno di reparto, e l’ottima pausa nazionale non cambia più di tanto le gerarchie rispetto a Frattesi, che è e resterà il miglior dodicesimo del campionato. Semmai, in progresso di tempo diventerà sempre più rilevante l’avvicendamento fra Mkhitaryan e lo stesso Zielinski. Il primo è tutto fuorché bollito, ma il sospetto è che il secondo possa rappresentare un upgrade.
Della pausa nazionale, la cosa che è piaciuta meno al mondo Inter sono state le dichiarazioni di Luciano Spalletti. In campo, il ct ha recepito quel che per orgoglio aveva rifiutato durante gli europei. Replicare l’Inter è impossibile, imitarla è l’unica via per questa nazionale. Non è mica questione di simpatia: semplicemente è il meglio che il campionato, allo stato attuale, offre ed era impensabile per chi allena la nazionale ignorarlo.
Ai microfoni, molto meno bene. Se la prima uscita sul tema ultras era suonata come una caduta di stile nei confronti di Simone Inzaghi, la seconda - “non ho niente da chiarire o di cui scusarmi” - lo è stata verso i giornalisti e l’opinione pubblica in generale. Che la telefonata privata vi sia stata o meno, le dichiarazioni pubbliche di Spalletti (che ha puntualizzato di non essere invidioso, e sarebbe strano lo fosse chi occupa il posto più ambito per un allenatore) non avevano bisogno di grandissima interpretazione. Erano riferite a un caso specifico e sottolineavano - “ma io so anche riattaccare” - un comportamento diverso. Spalletti, che non è un santo, può dire e pensare quel che vuole: prendere in giro, magari no.
Sulla vicenda, in generale, vanno avanti le indagini e si aspettano verdetti. Proprio le parole di Spalletti e le varie reazioni che hanno causato - ci riferiamo in particolare alla foto con gli ultras prontamente finite sui social - hanno tolto il velo di Maya su alcuni aspetti del comportamento di Inzaghi e anche di alcuni giocatori. Ingenui, sì. Da sanzionare, sì. Riprovevoli, no. Così fan tutti non va bene, specie se tutti fanno male. Ma è un dato di fatto che nel mondo del calcio, salve sparute eccezioni, molti allenatori e giocatori abbiano rapporti, più o meno occasionali, con la tifoseria organizzata. Le stesse immagini di Appiano alla vigilia del derby di ritorno nello scorso campionato non avevano colpito più di tanto, proprio per questo. Si può cambiare? Certo. Ma, smaltite le indagini e assegnate le dovute sanzioni - su questo non ci piove e non ci può essere ambiguità - sarà il caso di interrogarsi seriamente e non di pescare il caso una tantum. Aggiungiamo: molti club si nascondono dietro la responsabilità oggettiva, che in verità è limitabile al solo attivarsi correttamente. Ma non lo è del tutto - basti pensare alle curve di Genova, chiuse per eventi sui quali i due club non avevano alcun modo di intervenire - e resta, a oggi, una grandissima arma di ricatto nei confronti delle società.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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