Lo strano caso di Spalletti che attacca Inzaghi

Lo strano caso di Spalletti che attacca InzaghiTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 00:00Editoriale
di Fabrizio Biasin

A un certo punto della settimana - che poi è la settimana della pausa per la nazionale, che poi è la settimana sportivamente più noiosa dell’anno, che poi vorresti dire a lor signori “ma davvero con ‘sto delirio di calendario era necessario inventarsi la Nations League?” - il buon Lucianone Spalletti da Certaldo, in riferimento al rapporto con gli ultras, dice così: 
“Io posso raccontare quello che ho vissuto a Milano e non mi sono mai trovato ad avere a che fare con queste situazioni. Anzi, non mi è mai nemmeno successo durante tutta la carriera che mi telefonassero per certe cose. E per questo l'ho trovata una cosa molto nuova, che mi ha sorpreso. Non so quali siano stati i rapporti precedenti, ma se uno non lo conosci penso sia difficile poter scambiarci delle parole. Io rispondo a tutti, anche a quelli che non conosco, poi però so riattaccare e so continuare la conversazione”.
C’è chi ha vissuto questa cosa come una velatissima frecciata al collega Simone Inzaghi e, infatti, è esattamente così: ce l’aveva col suo successore-bis all’Inter (in mezzo c’è stato anche Antonio Conte). 
Molti si sono domandati: “Perché il buon Luciano se la prende in maniera così diretta un collega? Ha sentito il bisogno di vestire i panni dell’immacolato che indica la retta via o, banalmente, prova qualche sconosciuto fastidio personale?”.


Detto che la recente inchiesta non va certamente banalizzata, minimizzata, ignorata, è evidente che un certo tipo di attacco diretto celi una volontà di colpire il tecnico dei nerazzurri ben oltre il fatto in sé.
La sensazione è che il ct abbia mal vissuto le settimane dell’Europeo e, soprattutto, i mesi successivi, quelli della pressione mediatica e degli osservatori che certamente non sono stati teneri nei suoi confronti. Tra gli altri, molti hanno fatto riferimento proprio al lavoro di Inzaghi: “Spalletti avrebbe dovuto mutuare il calcio dell’Inter campione d’Italia e, invece, ha preferito sperimentare”. Effettivamente è andata così, al punto che il famoso blocco-nerazzurro portato in Germania in realtà si è trasformato in un tot di giocatori dell’Inter messi in campo parecchio alla rinfusa. 
Questa cosa deve aver fatto innervosire non poco Spalletti, costretto nei fatti a riconoscere che un certo tipo di “passo indietro” dal punto di vista tattico era necessario per ridare un senso al tutto. E infatti eccola lì la nuova nazionale, sistemata in campo con il 3-5-2 inzaghiano (3-5-1-1, ma poco cambia), con Dimarco non più terzinaccio di una difesa a 4 ma freccia micidiale sulla corsia mancina di un centrocampo a 5, con Bastoni impiegato nella difesa a 3 e Frattesi piazzato a fare mezzala purissima come nel suo club d’appartenenza. 
La Nazionale improvvisamente è riuscita a portare sul prato alcune delle dinamiche tipiche del gioco nerazzurro e il “blocchetto” giunto da Appiano – pur se composto da soli tre giocatori – è effettivamente diventato la base su cui Spalletti ha modellato il resto della Nazionale. 
L’Italia ha fatto finalmente un passo avanti e ci è riuscita proprio nel momento in cui il ct ha fatto un passo indietro o, meglio, un passo “verso” la migliore espressione del calcio tricolore, quella dell’Inter di Inzaghi. Questa cosa ha certificato l’intelligenza del commissario tecnico (meglio ammettere un errore che insistere su un’idea sbagliata) che, però, appena ha potuto non è riuscito a trattenere un certo tipo di rancore accumulato nel corso dei mesi. 
Significativa e in qualche modo “tipica” la risposta di Inzaghi, ormai abituato a dover subire attacchi di vario genere: ha scelto il silenzio e ancora una volta non ha fatto bene, ha fatto benissimo.