Il miserabile sciacallaggio sul nome di Simone Inzaghi e dell’Inter
Al 13 ottobre 2024, lo stato dell’arte di quanto si sa dell’indagine sulle curve ci dice che a carico dell’Inter e dei suoi interessati c’è pochino se la domanda è ‘cosa ha commesso’ o ‘cosa rischia’. Il punto chiave fatto presente dall’Inter, e non smentito dalle autorità investigative, è che ogni passaggio nella cessione di biglietti sia stato previamente concordato attraverso comunicazione certificata con la Digos, il che tutelerebbe fortemente l’Inter, anche al di là di quanto ce ne sia realmente bisogno alla luce di quanto è venuto a conoscenza. Poi ovvio, l’inchiesta è in corso e non si può escludere che vengano a conoscenza nuovi elementi che cambino il giudizio. Siamo qua pronti ad esaminare, ma al momento anche sulla base di quanto sia a norma di legge, è davvero difficile trovare qualcosa di contestabile che non sia oltre il fatto che una entità o dei protagonisti così in vista debbano abbozzare ascoltando senza doversi compromettere, insomma facendo buon viso a cattivo gioco ma senza commettere alcunché quando camminano avendo a lato realtà potenzialmente criminali. I cui contatti, non a caso bene ha fatto la società a ribadire, sono stati sistematicamente concordati mettendo a conoscenza le autorità, passaggio questo assolutamente fondamentale.
Questo lo stato dell’arte a oggi, assolutamente in divenire.
Non si può però nel frattempo non registrare il miserabile sciacallaggio sul nome dell’Inter e in particolare sul nome di Simone Inzaghi. Al di là del banale e anche comprensibile ‘cosa rischia l’Inter?’, proprio la vergognosa caccia alle streghe, in scena non casualmente da parte di elementi o media che campano di populismo d’accatto per racimolare quell’attenzione proveniente da bassi istinti dei tifosi di riferimento, perché l’odio aiuta a vendere due lire di copie in più, o a darsi un minimo di riconoscibilità quando altrimenti sarebbe impossibile costruirsela, facendo un lavoro basato su una professionalità che non si possiede.
E' sciacallaggio a buon mercato che alla fine si riconduce prosaicamente nel fare tutto il possibile per poter vincere il proprio scudettino, nel sentirsi unti dal Signore nella battaglia per poter contribuire alla vittoria. Una allucinazione collettiva che niente a che vedere con l’altrimenti sacrosanto interesse sociale, ché qua delle cause in sé non frega niente a nessuno se non nell’ottica di poter prendere un vantaggio per la propria squadra e danneggiare l’avversario.
Tant’è, non la prima né l’ultima volta che si assisterà a questo spettacolo di miseria, ormai inestinguibile accanto al calcio.
Infine, non classificabile in questi termini, ma evidentemente stonato, è stato l’attacco velato di Spalletti a Inzaghi. Ora, c’è la possibilità che non fosse un attacco e Spalletti sia stato veramente frainteso come afferma, ma questo a patto di credere a uno Spalletti naif, tantopiù su una questione simile. Personalmente, a uno Spalletti naif fatico a credere. Non so se ci sia ruggine pregressa tra i due, strano mi parrebbe, mentre è verità condivisa tra gli addetti ai lavori che Spalletti non abbia mai perdonato l’Inter e in particolare Marotta per il trattamento ricevuto alla luce dell’insediamento da amministratore delegato. Che sia connesso a quello non so, ma certo l’attacco rimane strano.
Si può obiettare: “E se non fosse un attacco, ma semplicemente lo Spalletti pensiero, esprimendo una critica all’Inter in merito?”. Assolutamente. Ma in tal caso, sarebbe campione di incoerenza.
Non tanto perché per spirito corporativo non dovrebbe attaccare un collega. Ci mancherebbe, personalmente odio lo spirito corporativo.
Ma perché Spalletti stesso ha vissuto sulla sua pelle cosa vuol dire camminare accanto a situazione potenzialmente criminali, e come in certi frangenti si debba abbozzare facendo buon viso a cattivo gioco senza per questo necessariamente compromettersi. Vedi ad esempio a Napoli, con il surreale ridanciano incontro al centro d’allenamento tra Spalletti e gli ultras con passamontagna (assurdo…), dopo il famigerato furto della Panda. O ancora gli appelli di Spalletti alla curva stessa che portarono poi alla foto di De Laurentiis con i capi ultras, auspicata anche dalle istituzioni per evitare incidenti durante i festeggiamenti.
Ovvero, situazioni in cui bisogna abbozzare e fare buon viso a cattivo gioco. Per questo l’uscita da sepolcro imbiancato di Spalletti è campionessa di incoerenza.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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