Dimarco: "Inter, maglia da trattare coi guanti. Inzaghi? La sua forza è... ". Retroscena su 2° stella, Sion, Conte e Ausilio

Dimarco: "Inter, maglia da trattare coi guanti. Inzaghi? La sua forza è... ". Retroscena su 2° stella, Sion, Conte e AusilioTUTTOmercatoWEB.com
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martedì 22 ottobre 2024, 01:00I fatti del giorno
di Marco Lavatelli

Lunedì è stata pubblicata l'intervista di Federico Dimarco al Basement di Gianluca Gazzoli, uno dei podcast più ascoltati d'Italia. Il giocatore dell'Inter, primo calciatore in attività ad essere passato dal presentatore tv, ha parlato di tutta la sua carriera con molti retroscena e racconti di diversi momenti. Dagli inizi fino all'affermazione in nerazzurro, qui vi proponiamo alcuni dei passaggi più importanti della lunga chiacchierata.

L'amore per l'Inter: "Maglia da trattare coi guanti. Un sogno realizzato"

"Quando scendo in campo con la maglia dell'Inter cerco di essere me stesso, come sono fuori. Sono competitivo, cerco sempre di aiutare il mio compagno e dare uno stimolo in più. Cerco sempre di dare il mio contributo con una parola in più. Devo tanto a quello che ho vissuto e passato nel settore giovanile, a quello che mi hanno insegnato".

REALIZZATO UN SOGNO - "Fa tantissimo piacere. Vivo tante le partite, forse troppo. Però negli anni, da quando sono ritornato, pian piano giocando partite di un certo livello ho imparato a gestire le emozioni e sono cresciuto molto. Prima giocare con Barça e Real, cose che non sono da tutti i giorni, era un peso. Ora, è brutto da dire, ma è diventata quasi la normalità. E la cosa bella è giocare quelle partite lì. Questa maglia va trattata con i guanti, lo penso veramente".

SCONFITTE - "Nel calcio si vive di momenti, nell'Inter ne ho vissuti di belli e di brutti. Quando perdiamo una partita, vedi la finale di Champions, vado in down totale. Poi analizzo le cose e cerco di ripartire, fissandomi degli obiettivi. Quando son tornato a Milano e ho detto a tutti che volevo vincere il campionato. Fortunatamente è andata così ed è stata una bella rivincita".

QUANDO SI PERDE - "Sono veramente incazzato. Se c'è una settimana, ci metto un paio di giorni. Quando ci sono tre gare a settimana, invece, azzeri subito. Fortunatamente l'anno scorso ne abbiamo perse poche…".

PARTITE CHE SENTE DI PIU' - "Alcune gare dell'Inter hanno un'importanza diversa. Quella che mi gasa e mi dà qualcosa in più, quella da farfalle nello stomaco, è solo il derby di Milano. Quello della seconda stella è stato bello emozionante. Era una partita che ci poteva dare tantissimo e togliere tantissimo. E' andata bene, sappiamo cos'è successo dopo ed è stata una delle partite più emozionanti".

INZAGHI - "La sua forza all'interno del gruppo è che, anche nei momenti dove non andavamo bene o c'erano dei momenti di difficoltà di alcuni giocatori, riusciva a stemperare con la battuta e portare tranquillità e leggerezza. Questo suo pregio ci ha portato fino allo scudetto, con le teste che ci sono dentro non è facile gestire una squadra".

GLI ESORDI - "Ha iniziato a convocarmi Mancini, ho fatto l'esordio in Europa League e a fine campionato ho esordito in Serie A contro l'Empoli. L'anno dopo faccio sei mesi in prima squadra dove non gioco mai e a gennaio vado ad Ascoli, in una situazione difficile. Esperienza bellissima, era la prima volta che andavo fuori casa. A Empoli non sono sceso tantissimo in campo, sono andato in Svizzera al Sion, parto bene ma prima di campionato e rottura del metatarso: quattro mesi fermo. A gennaio eravamo ultimi e il presidente ci mandò una settimana a fare il militare con le forze speciali francesi per punizione. Quell'anno ho perso un figlio, dopo le cose che mi erano successe volevo smettere. Da lì sono tornato in Italia, ma non mi voleva nessuno neanche in Serie B. Alla fine è arrivato il Parma, dopo 4 partite sono rimasto fermo 4 mesi".

CONTE E AUSILIO - "Dopo Parma quando rientro all'Inter Conte, dopo qualche allenamento, mi dice: "Fede, voglio che rimani". A gennaio ho dovuto supplicarlo per andar via, non mi sentivo a mio agio e mi sentivo inadatto per stare all'Inter, semplicemente non ero pronto. Ho chiesto il prestito e da lì sono stato un anno e mezzo a Verona, quella è stata la svolta. Juric mi ha dato la possibilità di esprimere le mie qualità, D'Amico è stato chiaro fin dall'inizio dicendomi che mi aveva preso come titolare e aveva fiducia. Al ritorno all'Inter il direttore Ausilio mi ha detto delle parole che mi hanno riempito d'orgoglio. Mi sono guardato indietro e mi sono commosso".