Quell’analisi tattica accennata da Frattesi, la chiave per non essere l’Inter di 2 anni fa (in Serie A)
La cosa più importante di Udine è che l’Inter di Simone Inzaghi ha fatto la prestazione da Inter di Simone Inzaghi. Quella che si era vista contro Manchester City, Atalanta e Lecce. Che era uscita solo a sprazzi contro il Genoa. Ma che soprattutto non era mai apparsa contro Monza e Milan.
La prestazione è il faro, perché se sviluppi il tuo gioco hai la cosa più importante, poi il resto viene da sé e si incastra dentro. E dunque è ovvio che non c’è Inter vera senza apporto di Lautaro in tabellino, ma l’attaccante segna se lo metti in condizione, di Maradona che da soli fanno girare la squadra non ce ne sono.
E quindi ti rimane la bolla nello stomaco perché dici: “ma se ha giocato tanto meglio l’Inter, e ha giocato tanto meglio, e allora come mai è finita solo 2-3, e gli ultimi 5 minuti li hai passati in apnea?”. E molto più prosaicamente, passi che con 13 occasioni da gol tu ne converta ’solo’ 3, ma quello che è incomprensibile è come gli avversari facciano 2 gol su 5 occasioni, e in generale quelle 5 occasioni sono le uniche volte in cui hanno avuto il pallone in avanti, e dunque mica è normale che ogni volta che gli altri costruiscano nella tua metà campo quella diventi automaticamente una occasione in area.
Che è, per intenderci, esattamente quello che succedeva 2 anni fa: l’Inter finalista di Champions che in campionato buttava un mare di punti in coda a partite dominate eppure pareggiate o perse su poche occasioni concesse.
La chiave personalmente l’ho riscontrata in un aspetto di cui ho parlato in diretta subito dopo il fischio finale, riscontrando poi con mia sorpresa e compiacimento la stessa identica analisi nelle parole di uno sempre lucido e schietto come pochi come Davide Frattesi.
Ovvero, inutile fossilizzarsi sull’errore di un difensore o di un reparto: il problema dell’Inter è che in quella mezz’ora della partita in cui dovrebbe controllare e riprendere fiato, i reparti rimangono troppo distanti, la difesa non è schermata, gli avversari si infilano indisturbati o quasi tra le linee, e si lascia la linea difensiva in parità numerica in situazione di uno contro uno, con gli altri che sistematicamente arrivano in area e richiedono l’intervento in extremis del difensore o del portiere.
E’ quasi tutto là. L’Inter differentemente dalle altre è una squadra che vince solo se gioca bene, è una dolce condanna ma è la sua natura e va bene così. Però nessuna a nessuna latitudine domina per 90 minuti, dunque in quei 20 minuti/mezz’ora in cui rifiata deve rimanere concentrata stando corta e aiutandosi.
Anche perché lo ripeto, non può essere il campionato dello scorso anno: le rivali si sono rinforzate, l’obbligo è di provare a rivincere ma ci sono anche le altre ma la vttoria non è certo obbligatoria, e lo testimonia il il record appena stabilito in Serie A: con il Napoli in testa, per la prima volta nella storia si sono avute 6 capolista diverse nelle prime 6 giornate, in solitaria o per differenza reti. Adesso però c’è il Napoli che non ha le coppe, e per non farlo scappare via serve che l’Inter sappia essere brutta e cattiva quando non riesce a essere bella.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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