Inter tutta spocchia nel derby, non ci siamo. Tornare umili, subito

Inter tutta spocchia nel derby, non ci siamo. Tornare umili, subitoTUTTOmercatoWEB.com
Oggi alle 00:00Editoriale
di Gian Luca Rossi

Solo uno stupidotto può drammatizzare una sconfitta in un Derby dopo averne vinti 6 di fila in 15 mesi, record mondiale imbattuto e imbattibile. Ma solo uno ancor più stupidotto può ignorare l’allarme proveniente da questa partitaccia, per l’Inter non all’altezza del record incasso nella storia della Serie A: € 7.626.430 portati da 75.366 spettatori. Tutto quello che è successo dopo fa parte dell’iconografia del Derby: baccanali rossoneri, neanche a San Siro ci avesse vinto il Foggia, telefonate o messaggi di ‘cugini di campagna’ che non sentivo da due anni e che pensavo avessero cambiato continente e repliche sul piovosissimo day after di Milano, per cui piove a dirotto perché il Milan ha vinto il Derby, un evento straordinario.

Ma è su ciò che è successo durante la partita che bisogna concentrarsi. Vi dico solo mentre raccontavo i nerazzurri in cronaca televisiva, venti minuti del primo tempo a parte, mi sono venuti in mente uno via l’altro i seguenti aggettivi: spocchiosi, supponenti, arroganti, boriosi, presuntuosi, superbi, alteri, protervi, tracotanti. Me li ricordo uno per uno. Una raffica di sinonimi a sottolineare che, al di là dei meriti del Milan, l’Inter questo Derby non lo ha giocato, forse perché dopo averne vinti troppi, non lo ha considerato nemmeno più tale. Ad un’Inter ‘così poco squadra’, concetto giustamente espresso senza pietà da Simone Inzaghi a fine gara, mettendosi ovviamente anche lui, che comunque non gioca, come primo imputato, non eravamo più abituati. 

Una squadra concentrata, un gol come quello di Pulisic che va in porta dritto per dritto e senza nemmeno un dribbling, non lo prende mai. E Sommer migliore in campo è solo la logica conseguenza di una partita non giocata, da tutti gli altri, chi più chi meno, impiegati dall’inizio e subentrati. Poi possiamo discutere sui soliti alibi infantili che altrove albergano da anni: i discutibili cambi dell’allenatore, il giorno in meno di riposo in Champions, una condizione fisica non ancora perfetta, cosa che peraltro riguarda un po’ tutti, ma se non ci sei con la testa, passa tutto in secondo piano! Anche il digiuno di Lautaro: non è la prima volta che accade e comunque Thuram è capocannoniere. 

Tutte spiegazioni legittime per carità, ma secondarie rispetto al senso di pancia piena e di assenza di fame in questo Derbaccio. E se non ci si pone subito rimedio, è ovvio che non solo non si vince il Campionato ma si fa scopa con il Napoli post-Scudetto. Oddio, magari il confronto è esagerato, ma se arrivi dietro, conta poco quanto dietro, perché comunque sei sempre dietro. Per certi versi, mi è sembrato di tornare alle 12 sconfitte di due anni fa: anche alcune di quelle furono figlie di prestazioni senza la giusta concentrazione. Per fortuna dell’Inter stavolta non c’è una lepre e la classifica è ancora molto corta ma, se non si cambia al volo la capoccia, sicuramente si allungherà a beneficio di altri.

E poi c’è il trappolone Champions per cui qualcuno, forse anche in seno all’Inter, pensa di poterla vincere. E’ una trappola, perché al di là delle solite social-boiate ‘la palla è rotonda’, ‘non succede ma se succede…’ o ‘mai dire mai’, la qualità di Bayern, Manchester City o Real Madrid, se c’è in ballo un Trofeo e non i tre punti in una gara di qualificazione, in Italia non ce l’ha nessuno, nemmeno l’Inter. D’accordo che il Milan ha appena dimostrato nel derby che nel calcio a volte accade l’imprevedibile, ma a tutto c’è un limite e se per fare più strada dell’anno scorso in Champions, che è certamente un dovere, ci si deve smenare un altro Scudetto, non va bene.

Quindi, tornando a bomba, se c’è un montaggio di testa complessivo, tale da pensare che Monza e Milan non meritino la stessa attenzione del Manchester City, bisogna dimostrare già con l’Udinese di aver capito che la maggior qualità va a farsi benedire se non ci si mette lo spirito di sacrificio. Per questo, io l’allarme lo suono subito, sperando che chi di dovere, ossia chi va in campo ben prima di chi dirige dalla panchina, recepisca al volo.