I segnali che l'Inter non deve sottovalutare

I segnali che l'Inter non deve sottovalutareTUTTOmercatoWEB.com
Ieri alle 22:55Editoriale
di Lapo De Carlo

E' più difficile tollerare una sconfitta, a maggior ragione in un derby, nonostante sei vittorie consecutive. Dopo che la critica plaudente aveva esaltato la squadra di Inzaghi assegnandole l'ovvio ruolo di favorita, in tanti, forse tutti, abbiamo creduto alla partita d'addio di Fonseca e ad una squadra allo sbando che avrebbe resistito forse un tempo allo strapotere nerazzurro.

E’ altrettanto complicato accettare che Barella salti le prossime tre partite.
Ora non è il caso di fare le prefiche ma non va fatto l'errore di credere che si sia trattato di un caso, anche per il modo in cui la squadra ha approcciato la gara. 
Il fatto di essere andati sotto per la prima volta dopo tanti derby, precisamente da quello del 17 ottobre 2020, quando vinse il Milan anche in quel caso 2-1, doveva essere un segnale che qualcosa era cambiato.
Ha fatto particolare impressione osservare la difesa interista in costante difficoltà, impalata e passiva quando Pulisic ha fatto lo slalom in mezzo a cinque giocatori.  Nel secondo tempo ogni volta che il Milan passava la metacampo, tra centrocampisti e difensori nessuno sembrava in grado di fermare qualunque iniziativa, a nessuno veniva in mente che Leao o chiunque altro potesse essere fermato con un fallo. 
Solo quattro giorni prima con il Manchester City l'Inter aveva giocato ad un livello incredibilmente alto e ora si osservava in campo una squadra priva di corrente elettrica.
In un derby.
La mia spiegazione è che dopo una partita ad altissima intensità come quella col City, la squadra abbia perso un mare di energie nervose e pagato un prezzo altissimo.

I problemi visibili e segnalati sono però almeno cinque: quando abbassa (più spesso del solito) la concentrazione la difesa imbarca pericoli da ogni direzione, subisce iniziative individuali (Pulisic e Leao), non è più così stabile sui cross in area (Dany Mota su Pavard), va in affanno persino di fronte a triangolazioni leggibili.
Manca la consueta schermatura davanti al reparto e, una volta uscito Calhanoglu, con Asllani è venuta a mancare quasi del tutto la protezione. 
Il secondo tema è collegato all'anemia in attacco, con Lautaro che cerca di giocare alla sua maniera ma senza avere la forma per essere lucido nello spunto. Va però riscontrato che il gol di Dimarco nasce da una sua giocata e altri due pericoli verso la porta rossonera sono derivati da sue iniziative. Mancano i gol delle punte in generale, questo anche perché non arriva la consueta presenza massiccia in area avversaria, tale da creare i presupposti per liberare un marcatore. 

La terza questione nasce da un approccio non congeniale, come nel caso di Genoa-Inter, pareggiata per una colossale ingenuità e che l'Inter avrebbe meritato di vincere, ma giocata comunque blandamente.
Così come col Monza, dove il passo è stato compassato dal primo all'ultimo minuto e si è rischiata la beffa.
Con il Lecce la squadra ha vinto in modo amministrativo ma senza brillare e, anzi, tenendo a lungo in partita i salentini fino al raddoppio.
Le due migliori partite restano per distacco quelle con Atalanta e City. La questione si collega ad una doppia spiegazione: una convince molto la stampa e si riferisce al calo di attenzione dovuto a motivazioni inferiori in Campionato e un rischio di fare la fine del Napoli l’anno scorso o del Milan l’anno dopo lo scudetto o la stessa Juve che, dopo il suo ultimo titolo, è arrivata solo quarta, un punto sopra la zona Europa League.
Non si tratterebbe solo di non riuscire a confermarsi ma addirittura di mantenersi sugli stessi livelli. In realtà le stagioni disgraziate post scudetto delle suddette squadre hanno una storia diversa, non necessariamente legata alla scarsa motivazione.



Il tema sembra essere un appannamento fisico palese soprattutto in molti giocatori (Mkhitaryan in particolare) e accompagnato da una sgradevole sensazione che si allaccia al quarto punto: gli infortuni. Negli anni lo staff di Inzaghi ha sempre gestito bene la tenuta fisica della rosa ma quest’anno qualcosa sembra non funzionare. Ci sono stati parecchi e insoliti problemi muscolari per Taremi, Zielinski, Arnautovic, De Vrij, Lautaro, Dimarco e ora Barella. Non è più un caso e ci si chiede se non siano state fatte delle valutazioni rivedibili nella preparazione, in vista di una stagione diversa da tutte le altre per numero di impegni.

Il quinto e ultimo tema sono le seconde linee. E’ piaciuto blandire il club accompagnando l’elogio alla considerazione che “l’Inter ha due squadre”. Non è vero ma forse qualcuno ci ha creduto. In alcuni ruoli la scelta è ottima, in altri meno ma a Frattesi manca, oltre che una continuità di impiego anche di rendimento, ad oggi discontinuo. Asllani è un buon centrocampista ma non è cresciuto, Darmian inizia ad avere i suoi anni e Zielinski paga la ruggine dopo un anno di inattività, anche se col City ha mostrato grande classe.

La partita con l’Udinese, per citare Borghese, può confermare o ribaltare completamente la situazione, ma di certo arriva senza il giocatore più importante per il centrocampo e in uno stadio difficile, contro una squadra in salute e tre giorni prima della seconda sfida di Champions. 
Sapremo presto se la prestazione nel derby è stata una spia rossa che rivelava un grosso problema o solo un episodio.

Amala