Lautaro è sempre stato forte: ora è anche un leader, e la differenza la fa pure con la testa
Per me, tifoso dell’Inter sin dall’età di 5 anni, sentir parlare una leggenda nerazzurra è sempre qualcosa di interessante e speciale, qualcosa a cui prestare sempre massima attenzione e massimo interesse. Di qualcuno di questi miei eroi ho avuto la fortuna di diventare collega e, in alcuni casi, anche amico. È tutto molto strano, quando parlo al telefono con qualcuno di loro, ancora oggi non riesco a farmela risultare come una cosa “normale”. Mentre parlo sento la voce del mio interlocutore ma inevitabilmente la mia mente torna al passato immaginandolo sul prato verde con indosso la mitica maglia nerazzurra.
Lunedì sera Zanetti e Cambiasso, presenti per festeggiare il 21^ anno della Fondazione Pupi, hanno parlato di Lautaro vero e proprio leader di questa Inter.
Un neocampione del mondo arrivato all’Inter nel 2018 come un diamante grezzo e diventato oggi un gioiello preziosissimo.
Zanetti parla così del numero dieci che lui stesso, con l’aiuto di Milito, portò a Milano strappandolo alla concorrenza dell’Atletico di Simeone: “Lautaro sta dimostrando di essere cresciuto dentro e fuori dal campo, sono orgoglioso del suo grado di maturità raggiunto”, gli fa eco il Cuchu: “Nemmeno Lauti sa quanto può ancora migliorare”. Come detto, se parlano le leggende io sto ad ascoltare a maggior ragione se già dal principio la pensavo come loro.
Lauti si è preso l’Inter, oltre a essere un grande giocatore è un vero leader, uno che in campo non si risparmia mai anche quando la giornata sottoporta non dice bene.
Ha imparato a essere un “fattore”, uno di quelli a cui la squadra guarda quando si è in difficoltà, uno di quelli che non si risparmia un’ultima corsa e un ultimo metro anche quando il fiato non c’è più e anche quando le gambe cedono.
Mancava solo questo step al dieci nerazzurro per consacrarsi, non certo le vittorie. Alzare trofei a ripetizione negli ultimi due anni ha aiutato Lauti a capire quanto vale e, forse, a rendere più leggera la responsabilità che l’Inter gli chiedeva di appoggiarsi sulle spalle. Scudetto, Coppa America, Supercoppa, Coppa Italia fino al compimento del sogno di ogni giocatore…la Coppa del Mondo.
I galloni di superstar hanno fatto scattare qualcosa d’importante nella testa di un uomo che sapeva di dover essere più grande ogni giorno di più.
Nessuno ha mai avuto dubbi sul valore del giocatore Lautaro, le cifre e i numeri parlavano da soli, ci si aspettava che però l’argentino diventasse un simbolo, un trascinatore.
Arrivato a Milano a soli 21 anni Lauti si trova a fare, con Spalletti, il vice di un certo Mauro Icardi. Al primo anno sono 9 i gol in poche presenze e qualche spezzone. Le vicissitudini dell’affaire Icardi proiettarono Lauti verso una titolarità tanto meritata quanto acerba. “El Toro” però da subito fece capire di che pasta era fatto, sempre in doppia cifra in campionato, ogni anno da quell’anno. Se allarghiamo a tutte le competizioni i gol, ovviamente, diventano di più: 21, 19, 25 e, ad oggi, 17. Lauti è ormai a -9 reti dalle 100 in maglia nerazzurra. Numeri da capogiro con una continuità disarmante e poco pubblicizzata.
Lauti è sempre stato forte, ha sempre fatto gol, ha sempre avuto la possibilità di fare la differenza con i piedi, ora è un vero leader carismatico e la differenza la fa anche con la testa.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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