Juary ricorda: "Portato in Italia con l'inganno. Inter? Ho faticato ad ambientarmi"

Nella lunga intervista al quotidiano La Stampa, l'ex nerazzurro Juary racconta con toni coloriti il suo approdo in Serie A: "Venni portato in Italia con l'inganno. Inizialmente mi dissero che l'Universidade voleva visionare alcuni ragazzi tra cui me, ma mi sembrava strano. Poi Gravina mi confesso che stavamo volando verso Avellino. “Dove cazzo è Avellino? Non ci vado” protestai, ma lui sorrise: “Sai volare? Perché paracadute non ce n’è. Dopo un viaggio in auto da Fiumicino raggiunsi l’ufficio di Antonio Sibilia. Fu la svolta della mia vita, Avellino diventò casa e il presidente un secondo papà: nei momenti bui c’era sempre, negli affari bastava una stretta di mano”.
L'attaccante racconta anche il passaggio all'Inter, dove non riuscì a confermarsi: "Mi presero, in realtà, per girarmi al Cesena e avere Schachner, ma l’operazione s’arenò e mi ritrovai a Milano. Faticai ad ambientarmi e non solo per il clima. Ricordo un gol al Catanzaro di cui, per la nebbia, ci accorgemmo solo io e l’arbitro. Il fatto è che ad Avellino ero un re, la squadra mi ruotava attorno e la gente mi coccolava: all’Inter, circondato da campioni, uno dei tanti”.
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