Caso ultras, l'avv. D'Avanzo: "3 i rischi per Inter e Milan. Soluzione? Rinnovare gli stadi"
Tiene banco il caso-ultras in casa di Inter e Milan, fra dichiarazioni alle autorità e dibattito di critica e tifoseria sul tema. L'avvocato Katia D'Avanzo è intervenuta in esclusiva per la redazione de L'Interista, per aiutarci a capire meglio quale tipo di scenario si può aprire in questa situazione.
Che idea si è fatta della situazione e di come i club potrebbero gestire i rapporti con gli ultras?
"I fatti di Genova ed il recente derby di Coppa Italia Genoa-Sampdoria sono l’esempio di quanto le tifoserie organizzate possano incidere sull’andamento regolare o meno delle partite di calcio. Di quanto i club posssano essere soggiogati dalle tifoserie, che hanno in mano il potere di regolare l’andamento degli episodi sia fuori che dentro lo stadio. E chi mai vorrebbe perdere il proprio potere?".
Ci spieghi.
"Mi domando… I club sono soggetti alle minacce di capi ultras indisciplinati: per far sospendere una partita, far combinare multe, far perdere punti in classifica basta solo organizzarsi. Basta fare cori razzisti, lanciare oggetti, rendere la vita dello stadio invivibile, mettere la posizione dei giocatori e degli allenatori nel mirino delle contestazioni generando per la squadra una tensione enorme. Gli ultras danno ordini ai propri aderenti e proteggono un business. Per questo ribadisco una cosa, che per me è fondamentale".
Quale?
"Bisogna costruire impianti sportivi capaci di regolamentare il flusso in entrata e uscita delle famiglie che vogliono assistere una competizione sportiva".
Che cosa possono rischiare inter e Milan secondo lei?
"Inibizioni, squalifica e multe sono le sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva per questa tipologia di fatti, in quanto le società hanno intrapreso rapporti con le tifoserie organizzate. La procura della FIGC si è mossa immediatamente chiedendo ai magistrati di Milano la documentazione non coperta da segreto istruttorio e i tesserati (Zanetti, Inzaghi, Barrella, Calabria, Calhanoglu e Skriniar) sono stati chiamati a rispondere alle domande del Procuratore Generale Chinè sulla reale natura dei rapporti vietati dalle norme FIGC, al fine di valutare se dal punto di vista sportivo i club rischiano qualcosa o meno. Solo dopo un'adeguata istruttoria si potrà parlare di rischi per i club eventualmente coinvolti".
A livello regolamentare e legislativo come si dovrebbero comportare le società e tesserati con le tifoserie organizzate?
"Posti numerati in tutti i settori e riconoscimento facciale per la sicurezza negli stadi, sono solo alcune delle proposte fatte dalla Lega Calcio nell’immediatezza degli episodi e fatti di Genova e dell’arresto dei capi ultras di Inter e Milan con 16 in carcere e 3 ai domiciliari per biglietti rivenduti a prezzi maggiorati, merchandising e vendita di bibite all’interno dello stadio. Un vero e proprio mercato parallelo che riduce entrate nelle tasche delle società di calcio. Perché dunque osteggiare la costruzione di impianti nuovi o perlomeno ristrutturazione totale degli impianti adeguandoli agli stadi costruiti nel mondo che funzionano 7 giorni su 7 generando reddito?".
Stadi al passo con l'Europa dunque?
"Il problema non è solo europeo ma mondiale, certo è che il sistema calcio inglese ha saputo regolamentare una delle tifoserie più temuta dai club europei: gli hooligans. Stadi di proprietà, ristrutturazione degli impianti con l’eliminazione delle barriere tra gioco e la tribuna, seggiolini in tutti i settori, box privato e uso di telecamere a circuito chiuso, Spooting Event Act (1985) con il divieto di alcolici negli stadi, Public Order Act (1986) reato con arresto immediato di chi si comporta in modo allarmante (anche non violento ) fuori dagli stadi, Football Offences Act (1991) arresto per direttissima di chi usa violenza anche solo verbale".
Il suo parere sulla sentenza-Diarra?
"La sentenza C-650/22 della Corte di Giustizia Europea, ha sancito che la parte delle norme contenute nel Regolamento sullo status e trasferimenti dei calciatori FIFA è da considerare un ostacolo alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, legato alla libertà dei lavoratori di stipulare contratti con altri club calcistici, e presenta un elevato grado di nocività rispetto alla concorrenza che le società di calcio professionistiche potrebbero esercitare assumendo unilateralmente giocatori già impiegati da una società o giocatori il cui contratto di lavoro sarebbe risolto senza una giusta causa. Secondo la Corte, quindi, i trattati che regolano il funzionamento dell'Unione Europea vanno interpretati in opposizione a queste norme a meno che non venga dimostrato che la FIFA non le applichi per perseguire la regolarità delle competizioni calcistiche e a meno che non venga dimostrato che un terzo club ha indotto il calciatore a risolvere il contratto".
E la FIFA?
"La FIFA si è detta soddisfatta che la legalità dei principi chiave del sistema di trasferimento sia stata riconfermata dalla sentenza, che mette in discussione solo due paragrafi di due articoli del regolamento Fifa sullo status e trasferimento dei calciatori, mentre il sindacato internazionale dei calciatori FIFPRO ha dichiarato che parti centrali del regolamento FIFA sono incompatibili con il diritto dell’UNIOPNE Europea, motivo per cui la FIFA sarà costretta a modificare questa pratica, chiaramente solo con l’accordo delle parti sociali. La decisione non cambia affatto i principi fondamentali del sistema di trasferimento, considerato che restano i vincoli da applicare al caso concreto, soprattutto che non venga dimostrato che la FIFA non applichi dette norme per perseguire la regolarità delle competizioni calcistiche a meno che non venga dimostrato che un terzo club ha indotto il calciatore a risolvere il contratto".
Come si è arrivati a questo?
"Partiamo dai fatti, prima di aderire ad una o altra opinione di parte. Diarra era giocatore della Lokomotiv Mosca con contratto quadriennale firmato nell'agosto 2013 che, volendo svincolarsi per alcune contestazioni con il club russo a seguito di prestazioni sportive inadeguate che hanno portato una riduzione dello stipendio ha portato la Lokomotiv a risolvere il contratto il 22 agosto 2014 per motivi disciplinari, chiedendo successivamente alla Dispute Resolution Chamber della FIFA la condanna a 20 milioni di euro per “violazione del contratto senza giusta causa". Il giocatore dunque era libero, ma nessun Club si poteva assumere il rischio di ingaggiare un giocatore a cui la FIFA poteva imporre pagamento milionario per la violazione del contratto precedente".
E poi?
"Nel febbraio 2015 la squadra belga Charleroi presentava una proposta di ingaggio a Diarra, chiedendo una dichiarazione scritta e incondizionata di sollevare il club acquirente di ogni responsabilità per la richiesta di risarcimento FIFA, ma la Federazione Belga dichiarava l'impossibilità di registrare il contratto, in mancanza del rilascio del certificato internazionale di trasferimento (ITC) da parte della Lokomotiv Mosca. Conseguentemente il 18 maggio 2015 la Dispute Resolution Chamber della FIFA condannava il calciatore ad un risarcimento pari a 10,5 milioni di euro per rescissione del contratto con il Club senza giusta causa. Un anno dopo il TAS di Losanna confermava la condanna. Nel agosto 2015 Diarra passa all’Olympique Marsiglia tornando a giocare in Nazionale, dopo una stagione e mezza passa all’ Al-Jazira negli Emirati Arabi. Successivamente Diarra chiudeva la carriera al Paris Saint-Germain".
Poi torna in scena lo Charleroi.
"Sì, che si rivolgeva al Tribunale Commerciale dell’Hainaut per chiedere il risarcimento da parte della FIFA e della Federazione belga per il mancato tesseramento del calciatore e FIFA e URBSFA venivano condannate dal Tribunale Belga, la cui competenza sulla questione viene confermata dalla Corte d’Appello dio Mons. Il procedimento veniva sospeso da questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia Europea, alla quale si chiedeva di verificare se le norme FIFA sullo Status e Trasferimento del calciatore siano considerate un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori e concorrenza in base agli artt. 45 e 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE). La richiesta risguardava delle norme secondo cui il calciatore, svincolandosi senza giusta causa e la società che intende tesserarlo, erano responsabili in solido del pagamento dell’indennità dovuta al precedente club e quelle che prevedono la possibilità per la federazione calcistica nazionale dell’ex club del giocatore di non rilasciare l’ITC necessario per il reclutamento del calciatore da parte di un nuovo club, se c’era controversia tra l’ex club e il giocatore".
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