Frattesi: "Sentirci sempre dire che siamo favoriti dà fastidio. Lottare per il posto mi stimola"

Frattesi: "Sentirci sempre dire che siamo favoriti dà fastidio. Lottare per il posto mi stimola"TUTTOmercatoWEB.com
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di Marco Corradi

Lunga intervista per Davide Frattesi ai microfoni de La Stampa, che fa partire il centrocampista nerazzurro dalla sua dote d'inserimento in area. Una caratteristica che viene spiegata così dall'ex Sassuolo: "Una dote istintiva. Può essere allenata, ma bisogna partire da una base innata. Mi ha aiutato il fatto di essere stato attaccante nelle giovanili della Lazio: conosco bene l’area. L’atteggiamento dell’Inter agevola perché creiamo sempre tante occasioni. Poi giocavo a tennis ed è un po’ come andare a rete, però nel tennis è più rischioso perché l’avversario ti passa se sbagli il tempo".

Ha praticato altri sport da bambino?

"Nuoto, ma non potevo fare tutto. Mia mamma si è arrabbiata perché diceva che avrei dovuto continuare per migliorare una postura un po’ chiusa. È fissata con lo sport. Faceva boxe: allenamenti e sparring, non voleva combattere. In estate mi piace prendere qualche lezione di pugilato con lei. Ma non deve esserci mio fratello, altrimenti la situazione degenera. Mio papà corre le maratone, ha fatto il Passatore. Stiamo bene tutti insieme, facciamo sempre due settimane di vacanza ogni estate".

Ha già stabilito il nuovo fioretto con sua nonna Stefania dopo la promessa di portarla sul pullman per la seconda stella?

"Non ancora, facciamo sempre il punto sulla stagione a Natale quando viene a trovarmi ad Arese, appena fuori Milano, dove vivo con la mia fidanzata. Non sono riuscito a portarla sul pullman, ma ha partecipato ad altri festeggiamenti. Di sicuro voglio fare il bis per rivedere una coreografia splendida come quella prima di Inter-Torino di aprile".

Quanto sarà difficile ripetersi?

"Ci sono più squadre. Nella scorsa stagione c’erano solo la Juventus e un po’ il Milan. Adesso si sono aggiunte Atalanta, Fiorentina, Lazio e Napoli. Due squadre possono sbagliare, ma ci sono le altre. È un torneo molto più aperto".

Vi dà fastidio sentire che l’Inter è nettamente più forte delle concorrenti?

"Sì e no. Perché le partite vanno giocate in campo, fuori a chiacchiere è facile. E non è detto che una squadra con giocatori fortissimi vinca sempre. Basta vedere il Real Madrid e il City di questi mesi. I giocatori rendono in base al contesto. Un giocatore fuori ruolo sembra scarso. Nei momenti negativi si vede la forza di un gruppo. A noi è capitato dopo l’eliminazione in Champions e con l’Atletico Madrid. Non ce l’aspettavamo dopo l’andata. Abbiamo dovuto trovare subito la forza di andare avanti".

È strano essere titolare in Nazionale ma non nell’Inter?

"Per me è uno stimolo in più. Ogni cosa va sempre presa per il verso giusto. Altrimenti diventa tutto troppo grande. La concorrenza aiuta a dare sempre il massimo. Quando andiamo in Nazionale, i miei compagni dell’Inter mi prendono in giro: “Ecco, vai da papà Luciano”, scherzano sul Ct che mi schiera dall’inizio. Come giocava bene la sua Roma, quando ero nella Primavera giallorossa".

In estate era emersa l’indiscrezione di una sua insofferenza per il minutaggio all’Inter: adesso va meglio?

"In quel momento l’unico mio pensiero era trovare le esche giuste per andare a pesca in Sardegna. Ho fatto il permesso per praticare l’altra mia grande passione: la pesca subacquea. Poi si è messo in mezzo mio fratello ed è stato un disastro. Avevo paura che mi colpisse con la fiocina. Faceva un tale macello con le pinne e il fucile".

Perché in Italia i giovani devono fare una trafila lunghissima prima di convincere i grandi club?

"Di base c’è qualcosa di sbagliato. Anche se, quando arrivi in una grande squadra, capisci che è difficile perché è necessario vincere e quindi non è facile inserire i giovani. Ma nelle squadre piccole si potrebbe fare di più. I campionati giovanili, compresa la Primavera, non sono allenanti: non preparano al professionismo. Ricordo quando giocavo la Youth League: gli avversari andavano il doppio di noi. C’è un forte divario fisico. È meglio andare a giocare a 16 anni in serie B o C. Anche per l’esperienza di vita: cambi città e gruppo. La squadra Under 23 non è altrettanto formativa perché ci arrivi insieme a compagni con cui giochi da tempo".

Dovete affrontare una stagione lunghissima.

"Non mi lamento, siamo fortunati. Però stiamo andando un po’ oltre. Non lo dico per il numero di partite in sé quanto per le conseguenze sullo spettacolo. A un certo punto, tra Super Champions, Supercoppa a Riyad e Mondiale per club, sei cotto. Così il rischio è che la qualità del gioco espresso venga un po’ meno".

Ha un modello come calciatore?

"De Bruyne. Per me, il centrocampista più forte degli ultimi 20 anni: sempre almeno 15 gol e 15 assist ogni stagione. I numeri contano".