Vieri: "Lautaro e Thuram come i Calipso Boys, Inzaghi allenatore sottovalutato? Forse..."

Vieri: "Lautaro e Thuram come i Calipso Boys, Inzaghi allenatore sottovalutato? Forse..."TUTTOmercatoWEB.com
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Oggi alle 10:23News
di Marco Pieracci

Lunga intervista a Christian Vieri, doppio ex di Inter e Milan, sulle pagine de La Gazzetta dello Sport

Chi ne ha fatti moltissimi, e molti proprio belli, può ricordare con grande piacere un gol tutto sommato bruttino? Può, se quel gol ha deciso un derby. Vero, Christian Vieri?

"Giusto. E se devo scegliere un derby, forse è proprio perché lo vincemmo così che mi viene in mente quello: marzo 2002, 1-0 a casa loro, gol mio a dieci minuti dalla fine".

Di coscia o di ginocchio?

"Boh, forse coscia. O forse tutti e due. E meno male che è entrata, altrimenti non ci avrei dormito una settimana".

La classifica ha sempre ragione: eravate più forti allora ed è più forte l’Inter oggi. Stasera conterà più quello o il fatto che sia un derby?

"Buona la seconda. L’Inter è più forte, non ho dubbi. Ma tra i tanti luoghi comuni del calcio che mi fanno incazzare, uno non lo è: ogni derby è una storia diversa, fatta di mille motivazioni, a partire dall’orgoglio. E quegli stimoli se ne fregano di qualunque valutazione tecnica, e possono fare miracoli".

L’Inter ha uno “scheletro” più italiano, il Milan coltiva un’anima straniera e non ha leader italiani: può pesare?

"Fino ad un certo punto. Questo è uno dei perché che si cercano quando le cose non vanno bene, ma ho conosciuto molti stranieri più italiani degli italiani. Sa cosa pesa davvero? Avere i giocatori che ti servono, che vanno bene per il tuo calcio".

E l’aspetto psicologico? Inter su, Milan giù. Inter che dopo sei derby vinti di fila ha perso gli ultimi due.

"E’ un dato casuale. Ero a Riad e mi sono detto: ma come ha fatto l’Inter a perdere una partita così? Quello che è successo prima non conta più, si parte da zero a zero gol, da diecimila a diecimila motivazioni: il Milan non sta facendo bene, l’Inter sì ma ha perso un derby andando da 2-1 a 2-3 in 13 minuti".

Cosa le dice il suo amico Conceiçao?

"Sergio è come un fratello: l’avrei voluto sempre in squadra con me, crossatore fantastico. Ora cazzeggiamo, più che altro, come facevamo ai tempi con Gigi Di Biagio. Solo che allora uscivo a mezzanotte, adesso vado a letto alle nove. Infatti l’altra mattina ho trovato una sua chiamata, era di mezzanotte passata. Gli ho scritto: “Oh, Sergio: guarda che adesso a quell’ora io dormo”". 

Cosa ritrova del calciatore che ha conosciuto nell’allenatore che vede oggi?

"Poco. Era il classico portoghese, tutto tunnel e uno contro uno, un fighettino con i piedi buoni. Oggi vedo soprattutto cuore, passione, grinta: l’opposto, insomma".

Ma Riad è stata un’illusione? Si è già esaurita la sua spinta? 

"Gli allenatori sono i primi a prendere la m... in faccia. Se alleni il Milan, ma anche l’Inter o la Juve, devi vincere e se non ce la fai, paghi. Fonseca è scarso? No. Pioli è scarso? No. Neanche Conceiçao, ma per costruire una squadra ci vuole tempo e bravura ad azzeccare i giocatori, sperando che ci mettano poco ad ambientarsi. Ma se in Italia alleni il Milan si vuole tutto e subito".

Però il Milan dopo quelle vittorie si è spento.

"Perché, dopo aver vinto a Madrid cosa aveva fatto? Il Milan è questo: si accende e si spegne, e l’interruttore non lo schiaccia solo Conceiçao. Una squadra la sistema solo la continuità. E i risultati".

Anche il carattere, però. E Conceiçao, che pure è un duro, ha denunciato: a questo Milan manca, così è difficile cambiare. Preoccupante, no?

"Alcune cose le dici ai microfoni, quando alleni ne dici altre. Però lo scopo è lo stesso: scuotere la squadra, spronarla".

Ci prova anche Ibrahimovic: si aspettava di più da lui?

"Senza risultati sono tutti scarsi ed è un putiferio per tutti, senza budget anche: se sei il Milan e non compri due campioni ogni anno, è dura. Ibra giocava e diceva che nessuno aveva più personalità di lui: se ce l’hai ce l’hai, in tutte le cose che fai, non è che la perdi. E da come lo vedo è lì, parla con la squadra, prova a scuoterla. Però la squadra è quella".

Morata via è una sconfitta?

"La sconfitta del Milan sono le troppe sconfitte arrivate: quasi tutto deriva da quello. Anche le difficoltà di Morata: con le pressioni anche i giocatori fanno fatica, serve molta forza per assorbire le fucilate che ti vengono addosso".

Giménez è l’uomo giusto?

"Ottimo attaccante, ma anche Morata lo è. Non cadiamo nel tranello: io un ragazzo di 23 anni che arriva a San Siro e da solo risolve tutti i problemi faccio fatica a vederlo".

Leao in crescita, così pare: ci crede, stavolta?

"Perché tutti diciamo da tempo che aspettiamo il vero Leao? Perché tutti vediamo che ha qualità fuori dalla norma, rispetto agli altri. Resto dell’idea che possa essere devastante, ma ad oggi non è continuo: è il problema di giocatori di fantasia così, da quando calcio è calcio. Ma come dice Conceiçao, se impara due o tre cose diventa fra i migliori al mondo: io lo vedo e ci credo".

A proposito di continuità: anche Theo Hernandez...

"Uno che fa 70 metri di campo e va a fare gol può avere solo un problema: lo stesso di Leao".

Si sfidano una squadra con un attacco collaudatissimo e un’altra che lo sta appena stravolgendo.

"Non giriamoci intorno: da una parte una certezza, dall’altra un’incognita. La coppia dell’Inter ha pochi rivali in Europa: giocano uno per l’altro, segnano entrambi, si mettono al servizio di una squadra che da molti anni non si vedeva giocare così bene. E’ una certezza che il Milan non ha ancora trovato e può pesare molto, certo. Soprattutto a livello mentale". 

Vede un Inzaghi diverso? E lo vede un po’ sottovalutato nel panorama dei tecnici europei?

"Diverso no, cresciuto con la squadra sì: grande gestore e non è facile con tanti giocatori forti. Sottovalutato? Forse, magari si ha la percezione che sia troppo “basico” perché ha il suo sistema, i suoi giocatori: va sul sicuro, non gli piace inventare". 

Lautaro è tornato a segnare anche bendato, ma lei è stato il primo a non avere dubbi, e glielo disse in tv: perché le era capitato lo stesso periodo-no?

"Mi è successo un paio di volte e mica sapevo perché: non sempre c’è un perché quando la palla decide di non entrare più, anche se fai la cosa giusta. Non è che sono un mago, semplicemente guardavo Lautaro giocare. Se sei in crisi sbuffi, e io non lo vedevo soffrire mentalmente la situazione; se sei in crisi vieni incontro per paura di sbagliare, non vai in profondità. E soprattutto fai dieci partite senza tirare mai, non hai due-tre occasioni ogni volta".

Coppia perfetta, con Thuram? 

"Uno in velocità sul lungo a spaccare la difesa, l’altro che va negli spazi: non solo Lautaro, anche i centrocampisti. E l’Inter non ha solo un centrale che in Europa non sfigura con nessuno, Calhanoglu: ha cinque centrocampisti che sanno fare gol. In Europa non ce ne sono tanti".

Lautaro e Thuram le ricordano una coppia del passato?

"I Calypso Boys, Andy Cole e Dwight Yorke del Manchester United: feeling in campo e anche fuori dal campo, come loro".

A fine stagione avrà segnato più Lautaro o Thuram?

"Boh. E’ più facile dire che possono arrivano tutti e due a venti gol. E se l’Inter continua così, uno dei due può anche sorpassare Retegui".

Mkhitaryan ha detto che, quando gioca bene, l’Inter è “ingiocabile”, in Italia e in Europa.

"E io le dico la mia top 5 per la Champions: Inter, Real, Barcellona, Bayern e Liverpool. Più il City come outsider, fa ridere eh? E quelle che giocano meglio sono Inter, Liverpool e Barcellona".

Ma si può inconsciamente pensare più alla Champions che al campionato? 

"Club come l’Inter sono nati per vincere nel loro Paese e in Champions. Se pensi più a un obiettivo e lo fallisci, rischi di restare con niente in mano: la strada è lottare per tutto, l’Inter lo ha capito".

Avere in Italia un’avversaria come il Napoli aiuta o mette ansia? 

"Tutte e due le cose: aiuta perché sai che devi andare forte, ansia perché sai che il Napoli è lì, in agguato, e ti può dare fastidio. Vedo ancora l’Inter favorita per lo scudetto, ma il Napoli è la peggior avversaria possibile: perché gioca una volta alla settimana e a me, quando sento dire che questa cosa non conta, scappa da ridere"

Una mossa tattica che può decidere questo derby?

"Parlare di tattica è noioso. Quando giocavo nell’Atletico Madrid adoravo Antic che ci diceva: pensiamo a noi, teniamo la palla e andiamo a fare gol. La tattica, come diceva Berlusconi, è una sola: “Attaccare!”".

Si finga Inzaghi e Conceiçao e tolga un giocatore al Milan e uno all’Inter.

"Sono Inzaghi: tolgo Leao. Sono Conceiçao: ne tolgo otto- nove"

E che cosa darebbe per giocare un derby?

"Non ci penso più, anche se quando sono a bordo campo per i collegamenti tv e vedo il riscaldamento entrerei in campo con i mocassini, che fra l’altro non metto. Ma ormai si vive di ricordi: gioco a padel e faccio fatica anche lì..."