Castaignos: "Inter, non ho rimpianti: ero giovane. Ricordo quel gol e l'assist di Motta"
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Veniva definito il nuovo Henry e stregò l'Inter, ma le cose non funzionarono: dopo l'arrivo a soli 18 anni, Luc Castaignos venne fagocitato nel caos della banter era e subito scaricato dai nerazzurri. Ora si è appena ritirato e, da doppio ex di Feyenoord-Inter, ricorda così la sua avventura nerazzurra ai microfoni della Gazzetta dello Sport: "All’Inter avevo 19 anni, crescevo tanto in allenamento, però non avevo l’opportunità di capire quale fosse il mio livello in partita. Avevo bisogno di giocare con continuità e nel 2012 volevo tornare in prestito al Feyenoord, ma i nerazzurri puntavano a fare cassa. Il Twente mi ha comprato, mentre a me sarebbe piaciuto rientrare a Milano con un po’ di esperienza in più”.
A 18 anni è finito nel mirino dei campioni d’Europa in carica. Come si sentiva?
“Non ero nuovo alle attenzioni dei grandi club, ma quell’Inter era straordinaria. A 16 anni sono arrivato in finale all’Europeo U17 con l’Olanda: mi cercavano Bayern, Real e Arsenal. Wenger mi fece parlare con alcuni dei suoi collaboratori, io rifiutai la loro offerta perché dovevo finire la scuola. Due anni più tardi ho segnato 15 reti con il Feyenoord, il mio procuratore mi ha chiamato e mi ha detto che stava venendo a casa per parlare di una faccenda importante con me e i miei genitori. L’Inter mi voleva comprare, io faticavo a crederci”.
A quei tempi si portava già dietro il soprannome di “nuovo Henry”.
“Sì, ma non mi è mai pesato. Il calcio funziona così, si cercano sempre dei paragoni. Per i giornalisti è stato semplice citare Titì, perché io ho sempre detto che lui, Ronaldo e Zidane erano i miei idoli da bambino. Da qui a emularli, però, ce ne vuole. Non ho mai vissuto con la pressione di dover raggiungere il loro livello”.
In nazionale, così come nelle giovanili del Feyenoord, insieme a lei c’era sempre De Vrij.
“Stefan è un campione, ci conosciamo sin da bambini. Lui era bravo in tutto: a calcio, a scuola, al pianoforte. Inizialmente giocava largo a destra, poi è stato spostato al centro della difesa ed è diventato ancora più forte. Step by step, dal Feyenoord alla Lazio e poi all’Inter, si è sempre dimostrato all’altezza delle situazioni con impegno e dedizione. Merita il meglio”.
Che ricordi ha dei suoi compagni all’Inter?
“Quel gruppo aveva vinto tutto e te ne accorgevi dalla serenità dei leader. Tutti erano consapevoli dei loro mezzi, sapevano come gestire ogni imprevisto. Il giorno in cui dovevo firmare il contratto, Branca e Ausilio vennero a prendermi insieme a Sneijder, olandese come me, che mi diede il benvenuto. Sembrava tutto perfetto, ma la stagione fu sfortunata. Gasperini andò via subito, Ranieri durò poco e fu sostituito da Stramaccioni. Per gli avversari eravamo la squadra da battere per eccellenza: sembrava che tutti, contro di noi, rendessero al 200%”.
Il momento più bello in nerazzurro risale a quella notte di Siena…
“Partita vinta 0-1, feci gol su assist di Thiago Motta, che in campo sembrava già un allenatore. Quella rete mi fece uno strano effetto: da una parte sembrava il primo passo verso un possibile exploit, dall’altro mi costrinse a riflettere. Capii che per stare bene dovevo giocare titolare. In quell’Inter non era semplice”.
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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