ESCLUSIVA - Thuram, l'ex tecnico: "La 9? E' meglio come assist-man. Quello scherzo a Mbappé..."
C'è tanto di Marcus Thuram, in questa Inter capolista. Gli strappi, gli assist, i gol, i dialoghi con i compagni ed il lavoro difensivo. Il francese ha avuto un impatto che è andato oltre ogni ragionevole aspettativa: in Francia doveva ancora dimostrare in tutto e per tutto il proprio valore, soprattutto in termini realizzativi, ma a Milano è partito come meglio non poteva.
In esclusiva per L'Interista è intervenuto uno dei primi allenatori che l'attaccante ha avuto fra i professionisti, Albert Cartier, che lo conobbe ai tempi del suo passaggio in prima squadra, al Sochaux.
Quando notò Marcus?
"Faceva parte della Primavera del Sochaux ed io lo chiamai in prima squadra perché si vedeva che aveva grande potenziale e che poteva darci una mano. Per emergere questo potenziale però, aveva bisogno di misurarsi con i professionisti. Per una ragione in particolare".
Ovvero?
"La sua mentalità. Ha bisogno di pressione, non la teme, ma anzi lo fa rendere al meglio".
Oggi è un numero 9 con tanti compiti e libertà, diciamo così. In Francia però aveva un ruolo più defilato, è così?
"E' così, nel nostro settore giovanile infatti veniva sfruttato soprattutto sulla fascia sinistra, dove poteva usare a proprio vantaggio gli spazi con la sua velocità e calciare con il destro, rientrando dentro al campo. Poi era anche forte nell'uno contro uno ed è per quello che giocava lì".
Lei come lo utilizzò?
"Giocando spesso con il 4-2-3-1 anche io lo dirottavo sull'esterno. Ricordo che però una volta, in coppa, lo schierai unica punta".
E come andò?
"Seminò il panico fra i difensori avversari, fece un vero casino, in positivo".
E come mai insistevate a schierarlo esterno?
"Non gli mancava certo la voglia di fare gol ed i mezzi li aveva, ma secondo me allora non era ancora maturo per giocare da unica punta. Lavorai tanto con lui".
Su cosa?
"Offensivamente c'era, ma difensivamente era un disastro. Nelle giovanili non gli davano tanti compiti tattici e si vedeva. Crebbe tantissimo da questo punto di vista".
La partenza all'Inter è stata oltre ogni rosea aspettativa. Tante cose utili, che si sentono, assist e già 6 gol. Ma può essere uno da 20 gol all'anno?
"Ha le capacità di fare tanti gol, ma ancora di più secondo me è portato per l'assist e si vede anche a Milano. Non so se possa trasformarsi in un attaccante che pensa solo al gol, in un 9 a tutti gli effetti, ma è cresciuto tanto".
Fuori dal campo, com'era?
"In campo era serio e determinato, fuori era il ragazzo più solare del mondo, ma anche maturo: un 18enne che parlava come uno di 30. Professionale nel rettangolo verde, ma subito pronto a fare cazzate con i compagni in spogliatoio (ride, n.d.r.)".
Per esempio?
"Premetto che il rispetto e l'educazione in lui non sono mai venute meno. La presenza di suo padre, nell'indirizzarlo e correggerlo, è sempre stata importante in tal senso, secondo me. Vi racconto però un episodio che coinvolse Mbappé".
Prego.
"Giocavamo contro il Monaco, in semifinale di Coppa di Francia. Nel prepartita trovai Kylian che parlava con Marcus e notai che disse: 'Non giocherò oggi, il mister non mi ha visto bene in allenamento'. Lo guardai come per aspettare una spiegazione, ma non fece una piega. Giocò eccome e lo sapeva, ma erano amici e gli piaceva tanto scherzare".
La coppia con Lautaro le piace?
"Molto, sono compatibili e mi sembra che fra Marcus e Lautaro i difensori abbiano pochi punti di riferimento. Si aiutano a vicenda e sono una bella coppia, fortissima".
Testata giornalistica Aut.Trib.di Milano n.160 del 27/07/2021
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